Copia di Diario - 28_03_2024 Testa o croce


28/03/2024 - Testa o croce 


Ci sono parole che assumono, per il significato che evocano, un senso pesante, scomodo, per molti versi doloroso. E' il caso della parola croce. Certo ci sono significati più simpatici, come quello appunto del famoso lancio della monetina "testa o croce", ma anche dietro a questo si nasconde una possibile profonda interpretazione.

La croce, soprattutto in un tempo come questo, la quaresima, e per chi come me non è estraneo al richiamo della fede cristiana, si rifà a qualcosa di doloroso, talmente tanto doloroso che spesso si sente un profondo disagio anche solo a nominarla, a considerarla nella nostra vita o, figuriamoci, a pensarla come salvezza. Perché la sofferenza dovrebbe salvare? Possibile che non c'è un modo diverso o più umano per salvarci...e poi da che?

Hai voglia di condividere qualche riflessione su questo? 

Al di là che si creda o meno, che senso ha dire che qualcuno è salito sulla croce, è morto e con questo gesto ci ha salvato? E che cosa ha a che fare con la mia vita o quella di ciascuno di noi?

Io credo che per comprendere qualcosa sia necessario coglierne la sostanza oltre la forma. 

Al contrario di come siamo abituati noi, usando la nostra testa (e non uso questa parola a caso), Gesù ha voluto proporci un nuovo o quantomeno inconsueto modo di affrontare la vita.

Cosa facciamo difronte all' ingiustizia? Difronte a chi ci tradisce, ferisce, umilia? A chi dice cose false contro di noi, a chi ci abusa, a chi consapevolmente o meno ci fa del male nel corpo, nei sentimenti? E mi riferisco a quando siamo nel giusto, cioè sappiamo senza ombra di dubbio di non meritarlo.

Ecco la nostra testa, e non uso questa parola a caso, ci suggerisce da sempre che dobbiamo difendere, restituire, allontanare, ferire, chiudere, attaccare.

Lasciarsi crocifiggere (ingiustamente) può lasciare spazio a qualcosa di diverso che abbia senso? 

Gesù, e chi ha agito come lui nella storia, si potrebbe dire essere un debole, un sottomesso, uno senza attributi. Figuriamoci quello che ha detto di essere.

Lui dice di averci amato così e che quel modo di amare salva? Ha senso?

I tanti anni passati affianco a persone ferite, indurite, selvagge e spesso cattive (non tutti, non sempre ma non è questo il punto) mi hanno portato per forza a cercare di capire quale fosse il modo migliore e più efficace per relazionarmi con loro. 

Soprattutto i primi tempi agivo spesso secondo ciò che mi diceva la testa. Non ho mai avuto l' indole di restituire ingiustizia e cattiveria. Ma certo chiudere, evitare, allontanare proteggermi a mio modo, quello si..l' ho fatto e per alcuni versi continuo a farlo. Rispondere così, ad ingiustizie gratuite e non meritate a cosa porta? Bhe di fatto a nulla di diverso. Io rimango come sono, chiuso e chi ho davanti ugualmente. Figuriamoci se restituissi cattiveria e durezza. Sarebbe un comprensibile esponenziale crescita di muri e separazioni.

Riusciamo a vedere questo nella vita quotidiana di ognuno di noi? Forse la mia esperienza di vita è estrema ma di fatto le dinamiche sono le stesse, per tutti, a partire da qualcuno 2000 anni fa.

Ecco, questo qualcuno si è lasciato colpire da tutto quello che ha ricevuto, finendo si, su una croce vera, ma trasferendo a noi l' immagine che lasciarsi inchiodare senza reagire dalle cattiverie ed ingiustizie altrui non soltanto è amore, ma salvezza.

Ecco sull'amore ci posso anche arrivare. Immagino una madre che sopporta di tutto dai figli per una vita riuscendo a restituire amore e accoglienza gratuita verso cui ogni figlio, nel tempo, è attratto come da un rifugio sicuro rimpiangendolo anche, proprio perché incondizionato. Amore? Si dai, non credo ci sia molto da dire. Riuscire a provarlo anche per illustri sconosciuti è sicuramente più difficile a pensarlo e metterlo in pratica ma non riuscirci non vuol dire che non possa essere verità.

E sulla salvezza?

L' amore abbatte i muri, unisce i cuori, scalda, libera. Lo proviamo a livello sentimentale. Provarlo ci salva dalla solitudine, dalla chiusura verso il mondo, dalla rabbia, dalle nostre divisioni. Il fatto che tutte queste cose  oggi sono normali e che quindi, anestetizzati,  non percepiamo più il problema non significa che non lo sia, e che quindi non dobbiamo essere salvati.

Parlo di tutto questo perché lo sto vivendo in prima persona. Ne sto facendo esperienza. Sto cercando di comprendere quale sia la strada migliore per vivere la croce su cui per natura di questo mondo ognuno di noi, me compreso, viene appeso da chi ci circonda.

No, per quanto sarebbe comodo (ed in effetti a volte ci casco ancora) e per quanto ne abbia ruolo e titolo nel mio piccolo contesto, non credo sia quella di evitare di salirci (sulla croce) allontanando, reagendo, legittimando ragioni, confini o, per generalizzare, esaltando il vecchio modello "occhio per occhio..." o quello "morte tua vita mia". Dove siamo, oggi, grazie a questo? 

La mia testa a onor del vero mi tenta spesso ad andare in questa direzione, ma il mio cuore, ora più libero di tanti anni fa, mi inchioda nel dire: "per quanto doloroso ammetterlo e viverlo, Gesù non è un matto, ha ragione, non esiste strada migliore e più efficace".

Riuscire a lasciarsi percuotere ed inchiodare dalle ingiustizie di chi ci è intorno arrivando a guardarlo con amore. E' difficile? Certo, ma questo non lo rende meno vero. Fai la figura del coglione? Certo, ma è proprio per questo che non siamo più capaci di amare, perché ci rende vulnerabili.

Riuscire a porgere l'altra guancia di fronte ad uno scherno, un maltrattamento, invece di reagire, e addirittura amare chi ci offre tutto questo. E'difficile? Certo, ma questo non lo rende meno concreta ed efficace come strada. 

Mi sto trovando spesso, in questa quaresima soprattuto, a vivere situazioni dove il " perdona 70 volte 7", il "porgi l' altra guancia", il "ama i tuoi nemici",  assumono una luce scomoda ed inevitabile luce di verità. Dove salire su una croce dolorosa ed umiliante quando non lo meriti è una esperienza quotidiana. Dove provo con ogni facoltà che Dio mi ha dato a trovare un modo diverso e più comodo di vivere le spallate della vita ma no, in tutta onestà, non c'è. Libero di scendere, sempre, ma a chi devo prendere in giro?

Il cristiano sa, o dovrebbe sapere, che se ci fosse stata una porta più larga ci sarebbe stata indicata. Prima pensavo la croce come qualcosa di pesante ed ingiusta da affrontare e da cui era meglio scappare. Oggi la penso ahimè sempre pesante ma la intuisco come la strada maestra, che non serve fuggire ma conviene attraversare. Per te stesso, per tutti. 

Nel mentre che la vivo mi rendo conto di quanto sia perfetta. Mi piace? No. Ne farei a meno? Si. Ma sento quanto l'amore passi da questo, quanto fingere che non sia così non serva e quanto qualcuno lassù ci ha amato 2000 anni fa proprio perché  la ha accolta per indicarci quale era la scelta che ci libera e ci salva (dopo la croce sappiamo cosa c' è, vero?)

Ed ecco che ora ha più senso lanciare la monetina in alto e fare la nostra di scelta: seguiamo la testa o la croce? Ne va della nostra vita.


Stefano 


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