Diario - 01_11_2023 Obbligo o verità

01/11/2023


“Obbligo o verità"


Più vado avanti in questo percorso è più ne intuisco il senso. In realtà non ha nulla di speciale rispetto ad altri, come io non ho nulla di speciale rispetto agli altri per il fatto di viverlo. Ognuno di noi ha il suo, le sue carte da giocare, la sua situazione più o meno facile, le sue opportunità. Come si può cercare il senso in ogni singolo percorso di vita se non si parte dal senso generale e comune della nostra presenza su questo mondo? Guardandoci un po’ intorno rimane difficile trovare un senso rimanendo in superficie e basandoci sulla nostra diversità. Qualcuno fa delle cose, altri altre. Qualcuno nasce con delle opportunità altri con altre. Qualcuno vive traumi, privazioni mentre altri vivono nell’abbondanza e nel potere. Qualcuno è in salute, altri vivono una vita di stenti e malattie. Come si può cercare il senso della vita (inteso come qualcosa a cui anelare) in soldi, benessere, potere, salute, lavoro, famiglia, figli etc.. quando tutte queste cose possono essere a portata di mano di alcuni e non di altri? E’ possibile pensare che il senso della vita sia avere o fare qualcosa se qualcuno nel mondo, per motivi diversi, non può centrarlo perché non può avere o non può fare quella stessa cosa? Fare spallucce e dire di si perché siamo dal lato buono della barricata non arriva a toglierci la scomodità della domanda.

Il senso di tutto a questo mondo non può essere nell’"avere" (qualsiasi cosa, anche non materiale come l’affetto di una donna/uomo, o quello di un figlio etc..) o nel "fare"(qualsiasi cosa anche la più nobile, come aiutare le persone bisognose). "Avere" e "fare" sono relativi.

Dobbiamo porre l’attenzione sull' "essere", e di conseguenza sul come viviamo ciò che abbiamo e ciò che facciamo . 

Questo criterio si che può accomunare tutti gli essere umani a prescindere dalle carte che hanno in mano e che troppo sbadatamente riconduciamo ad una questione di fortuna o sfortuna. 


Chi siamo? A cosa aspiriamo? 


Qui a Casalemanuele siamo un gruppo di persone superficialmente molto diverse. Abbiamo fatto o non fatto cose diverse. Abbiamo avuto o non avuto cose diverse. Abbiamo percorsi, ferite, gioie, dolori tutti diversi. Abbiamo avuto in mano carte diverse e abbiamo anche imparato a giocarle in modo diverso. 


Questo credo valga per tutti, dovunque.


Ad uno sguardo più attento è proprio il nostro concentrarci sul cosa abbiamo o cosa facciamo che ci eleva a giudici, a egoisti, indifferenti. In fondo che ce ne frega se abbiamo un vantaggio rispetto ad altri? 


Abbiamo perso di vista quello che ci rende uguali, tutti iscritti alla stessa scuola (la vita), tutti impegnati nello stesso cammino, tutti verso la stessa meta e tutti, alla base, bisognosi delle stesse cose pratiche o meno.

Ho conosciuto tante realtà, definite o autodefinite, nobili negli intenti in cui le distanze tra le persone sono evidenti. Anche nell’aiutare gli altri si può essere distanti, non entrare in relazione con l’altro ma gestirlo, controllarlo, educarlo. Chi aiuta o si trova in condizione di aiutare spesso lo fa conscio (e gonfio) che sta dando qualcosa a qualcuno ma poche volte consapevole che lui e l'altro sono entrambi fruitori, ugualmente ma in modo diverso, di un medesimo scenario allestito per il bene comune. Non c’è chiave senza serratura e non si potrebbe  certo dire che l’una sia più importante dell’altra.


La relazione con gli altri ha una importanza enormemente maggiore di quella che crediamo. 

Se usciamo dai paraocchi del “faccio questo o ho questo” che ci eleva o ci sminuisce agli occhi degli altri entriamo in un terreno bello e pericoloso dove il "chi siamo" ed il "come ci relazioniamo" diventano due aspetti dominanti. Tremendamente importanti e sconosciuti allo stesso tempo.


Depurata dall’”avere" e dal "fare”, la vita ci consegnerebbe un unico senso, scopo, significato: conosci chi sei, vivi e relazionati con gli altri.


Cosa fai nella vita? Vivo!

Cosa hai nella vita? La vita stessa

Quale è il senso della vita? Arrivare anche solo ad intuire la risposta alle prime due domande.


Da queste considerazioni nasce tutto ciò che di meraviglioso e difficile sta nascendo qui, a Casalemanuele. 

Tutti noi siamo schiavi del "fare" e dell’"avere" in modo cosi profondo e poco visibile per alcuni (per me per esempio) ed in modo cosi evidente per altri che arrivano qui flagellati e umiliati perche non ce l’hanno fatta ad essere considerati a questo mondo senza aver raggiunto qualcosa. Schiavi del doversi mertiare l'amore e la considerazione  pagandolo con qualcosa da fare o avere oltre le loro possibilità. Chi se ne frega di chi sono. Sono stati schiacciati da un obiettivo balordo e, di fatti, con il tempo emarginati.


Forse un pò tutti ci possiamo riconoscere in questo.


Aiutarli? Non basta. Non serve solamente un aiuto pratico. Certo, ora hanno un tetto, un focolare, del cibo e anche la presenza di qualcuno vicino. Ma no, non è sufficiente. E’ necessario guarire le loro ferite, ricostruire la loro dignità di esseri umani. Non esiste guarigione che puoi ottenere con una regola. La regola gestisce, controlla, educa ma non salva. Fa si che un problema non venga fuori e se viene fuori, grazie proprio a quella regola, può essere allontanato, eliminato. 


Un contesto senza regole? O quantomeno dove la regola abdiga sempre a favore della comprensione, dell’ amore? 

Non credo ci sia compito più difficile. Le ferite sono troppe, troppo profonde e chissà il tempo che ci vorrebbe.


Ma vogliamo scegliere obbligo o verità?


Uno banale giochetto da adolescenti che dice una cosa importantissima: verità e obblighi non vanno insieme.

La legge fine a se stessa gestisce ma non salva. Rafforza il problema, non lo rimuove. 


La consapevolezza più difficile per me da accogliere riguardo questo posto è questa: sarà, e' il luogo nel quale chiunque viene aiutato a tirare fuori le proprie ferite per guarirle. Questo non rende e non renderà questo posto tranquillo. Anzi. Persone ferite che vomitano (e neanche in tempi cosi rapidi) tutto ciò che li ha portati a perdere se stessi.A non essere più. A dover dimostrare qualcosa al mondo per essere considerati ed amati. E tu li, ad assistere e comprendere.


Posso farlo da solo? No, decisamente. Come può un cieco guidare un altro cieco?


Un tale compito può essere solo di Dio. Come potrei pensare anche lontanamente di affrontare tutto questo senza la Sua presenza. Nulla di quello che fino ad ora è stato realizzato sarebbe stato possibile. 

Ma per quanto, come già altre volte mi è accaduto, razionalmente sento la pesantezza e la follia di quello che dico, allo stesso tempo non posso negare quello che sento: ho bisogno di guarigione,abbiamo tutti bisogno di guarigione. Ed abbiamo bisogno di Qualcuno che ci aiuti.


Questo è e sarà Casalemanuele: un posto di guarigione spirituale. 


Mi abbandono a questa intuizione fiducioso e consapevole che Qualcuno lassù sta già operando. Lo sento, lo vedo, lo vivo.



Stefano

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